Gli svantaggi della precisione
Le parole precise ci mettono sempre al riparo da fraintendimenti? Niente affatto. Il contesto e i destinatari del discorso hanno un ruolo cruciale per una comprensione senza ambiguità.
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e io abbiamo fatto insieme, Scrivere chiaro e scrivere accessibile.Data la piega che ha preso l’argomento di oggi, ci tengo a ricordarti che per arrivare pronti e pronte alla prova costume basta avere un corpo e un costume. Fatta la premessa, cominciamo.

Sulle parole: gli svantaggi della precisione
Un po’ di tempo fa, scrollando oziosamente Threads, mi sono imbattuta in un thread di Dario Bressanini, chimico e divulgatore scientifico1. “Dimagrisci se sei in deficit calorico.”, esordisce, proseguendo poi per una serie di messaggi concatenati a spiegare le ragioni di questa affermazione, basate sulla termodinamica.

Non ho alcuna intenzione di cavillare sulla correttezza della spiegazione, perché non ne sono in grado. Porto la tua attenzione su questa storia perché ciò che mi ha colpita è il ruolo della percezione del significato delle parole in un determinato contesto comunicativo.
L’esordio di Bressanini è diretto, pratico. “Dimagrisci se sei in deficit calorico.” Provo a mettermi nei panni di una persona che lavora con la scienza: la frase è semplice e chiara, non ha altri piani di lettura, sono le cose come stanno. L’interpretazione della frase, però, non è andata in modo altrettanto lineare: le persone hanno iniziato a partire per diverse tangenti, a saltare alle conclusioni, a parlare di diete, e altre varie ed eventuali. Perché è successo? Mi do alcune risposte.
Il contesto. Se le parole vanno misurate sempre, sui social media vanno misurate dieci volte di più. Il rischio che gli occhi si puntino sul dito anzi che sulla luna è elevato a potenza. Bressanini non parla a un congresso di chimici, ma a una folla indistinta, con diritto di replica e in linea di massima incline alla polemica più che all’ascolto.
La scelta lessicale. Il verbo “dimagrire” vuol dire semplicemente “diventare più magro”, ma è un verbo insidioso. Tendiamo a non leggerlo alla lettera: ci associamo insicurezze, difficoltà, stigmi.
La scelta della seconda persona singolare. TU dimagrisci, tu che mi leggi, sì, tu in prima persona sei coinvolto o coinvolta in questa azione. Ti responsabilizzo, ti metto addosso un occhio di bue. Ti chiamo in causa. Insieme al contesto, alla scelta del verbo e al tono che dà alla frase è un accendino su una miccia.
Non a caso, anche garbatamente, ci sono commenti che si concentrano sulla scelta del verbo: professore, si potrebbe dire “perdere peso” anzi che “dimagrire”.

Probabilmente Bressanini non intendeva sottintendere nulla, e tuttavia chi riceve il messaggio può comunque leggere nella frase significati impliciti che dipendono dalla sua percezione. Per fare due esempi banali, se sono a dieta da dieci mesi con successo potrei leggere felicemente questa affermazione; se dimagrire per me è un punto dolente potrei avere diversi tipi di emozioni – e forse di reazioni – negative davanti a questo messaggio.
In generale potrebbero esserci due posizioni opposte. Da una parte le persone che stanno alla precisa lettera del testo, e che si seccano con chi legge dei sottintesi, o indica la possibilità di usare un linguaggio più attento: la considerano una seccatura, una perdita di tempo, una mollezza. Dimagrire, in fin dei conti, vuol dire esattamente “diventare più magro”, è una parola precisa: se ci leggi dei sottintesi non è colpa della parola, sei tu che dovresti capire perché ci vedi qualcosa che esplicitamente non c’è. Dall’altra parte troviamo chi prova un’emozione negativa davanti al termine, che reagisce come qualcuno a cui si pesta un callo: non è incline a ragionare posatamente, si innervosisce perché il callo fa male e la colpa è tua che lo hai pestato. E chi può stabilire se sia giusto o sbagliato provare un’emozione negativa? Senza entrare nel merito delle due posizioni2, credo che nessuna sia utile per risolvere l’incomprensione.
Proviamo a riformulare la frase iniziale, e diciamo:
Si dimagrisce se si è in deficit calorico.
Stesse parole, una forma impersonale: tolgo l’occhio di bue, non parlo di te, parlo in generale. Rimane quel “se”, che lascia spazio a un implicito “e se no?” che ha una risposta inevitabilmente negativa. Non si vedono possibilità di chiaroscuri, lo dice il punto fermo: sei in deficit? Dimagrisci. Non lo sei? Mi spiace, niente da fare. Non ci piace sentirci in difetto, per quanto ragionevole e inoppugnabile possa essere la spiegazione che segue. Forse anche questa revisione non fa che spostare il problema del sottinteso.
Come spesso accade sui social media, una volta che l’attenzione è sul dito è difficile tornare a guardare la luna. La deriva della discussione non rimane sull’argomentazione scientifica del principio, ma prende mille strade che spostano il discorso dai fatti e dai dati alle opinioni, ai “secondo me”.
La cosa è così drastica che, giorni dopo, Bressanini stesso torna sul tema. Torna su un altro fraintendimento: questa volta intorno a “deficit calorico”. Qui la questione si fa più intricata. Bressanini riformula con “sbilanciamento energetico”, per cercare di riportare sulla giusta rotta la conversazione.
Che problema c’è con “deficit calorico”? Prova a cercarlo su Google: probabilmente troverai spiegazioni simili a “un deficit calorico si ottiene quando introduciamo meno calorie di quelle che bruciamo nel tempo”. Nella maggioranza dei casi troverai anche “ecco il calcolo per perdere peso davvero”. Tutta SEO, insomma, giocata sulle ricerche più frequenti di una soluzione semplice a una questione complessa: dimagrire, o perdere peso, come preferisci.
Allora scomponiamo ancora il problema. Cosa significa esattamente “deficit”? Significa disavanzo, ammanco, perdita, deficienza, mancanza. Proviamo con una delle parole più comuni tra queste, e traduciamo “deficit calorico” in “mancanza di calorie”. Per dimagrire ce ne devono essere meno. Bressanini, dicevamo, prova a riformulare questo concetto parlando di “sbilanciamento energetico”, per suggerire lo stesso principio: la bilancia deve pendere a favore del consumo di energia3.
Ma di nuovo, mi allontano dal contenuto della conversazione per osservarne il tono.
Mi rendo conto che molti, erroneamente, quando leggono “deficit calorico” pensano a “contare le calorie per dimagrire”. NO. Se vi confonde chiamatelo “sbilanciamento energetico”.
E poi, nel thread che ricondivide per chiarire il concetto:
Vedo che molti NON CAPISCONO [etc.]
Non oso pensare quanto sia snervante cercare di esprimersi in modo preciso e non riuscire a discutere nel merito di dati e fatti, ma trovarsi a dover chiarire il senso di parole già precise di per sé, dato che siamo tutti portati a fraintenderle in base a letture che non hanno necessariamente attinenza con quanto viene detto.
Il tono, però, qui non è d’aiuto. NO, scritto in maiuscolo, suona come la bacchettata sulle mani della maestra, come il colpo di giornale arrotolato sul sedere del cane. “Molti”, indistinti, “erroneamente” NON CAPISCONO, in maiuscolo. Quanto sono duri di comprendonio, questi molti, eh? Io ce l’ho messa tutta, ma siete voi che proprio non ce la fate. Se vi confonde, povere testoline, provate a… Io la sento, l’umana fatica di chi non ce la fa più a spiegare quello che ritiene dover essere già chiaro.
E se probabilmente è vero che molti non capiscono, è forse altrettanto vero che tanti potrebbero avere un’occasione per una nuova comprensione, ma difficilmente questa passa da un tono scostante, seccato, quasi altezzoso. Da un io e un voi così distanti. È una cascata, un’attitudine al discorso che parte da quella frase iniziale, da quel “dimagrisci” accusatorio e responsabilizzante. Se anche la frustrazione che percepisco ha tutta la mia comprensione, lo sfogo di questa frustrazione non lo trovo utile allo scopo comunicativo.
Ma lo scopo, in effetti, qual è? Perché Bressanini parla? Vuole fare divulgazione? Vuole contribuire a sfatare miti, credenze e opinioni sbagliate su fatti scientifici? Non è un ruolo semplice: implica accettare di parlare a un pubblico che, per definizione, non sa e spesso è convinto di sapere. Di conseguenza, almeno a mio avviso, rende necessario un tono appropriato, essere pronti a non dare niente per scontato, nemmeno il significato di parole di uso comune. Implica avere tanta, enorme pazienza, specialmente se si vuol fare questo sui social media. E non lascia molto spazio per l’espressione della propria frustrazione.
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Esercizi
Ripensa a quella volta che hai dovuto aiutare tuo padre, tuo zio, tuo nonno, ad attivare SPID. Cosa ti ha fatto perdere la pazienza? Come avresti potuto inquadrare diversamente la situazione per capire le sue difficoltà ed essergli di aiuto senza sbuffare?
Ripensa a quella volta che ti sei sentita o sentito chiamato in causa in senso negativo da una parola. Che parola era? Cercala sul dizionario e prova a capire se la connotazione negativa che le hai attribuito è reale oppure se sei tu che gliela attribuisci, e perché.
Prova a riscrivere il thread di Bressanini con diversi toni di voce: saccente e arrogante, neutro e asciutto, accogliente e rassicurante, o un altro a piacere.
Hai provato a svolgere uno degli esercizi e vuoi parlarmene? Rispondi a questa email o in un commento: sono contenta di discuterne insieme.
Un libro
Il tono di voce nei testi aziendali, di Valentina Falcinelli, è un ottimo strumento per capire le regole del gioco e osservare con occhi più competenti le conversazioni intorno a noi. Può aiutarci anche a mettere un sano distacco da certe conversazioni, e prenderle meno sul personale.
È un libretto asciutto, pratico e onesto: niente fronzoli e tutte informazioni pratiche, utili. È tra i pochi sempre sulla mia scrivania.
Qualcosa di utile
Quando lavoravo come social media manager, le mie colleghe erano abituate a sentirmi borbottare come una pentola di fagioli di qua dal monitor e a vedermi rispondere in punta di penna dai profili aziendali4. Avrei tanto desiderato il tiraporchi: una splendida fionda per lanciare maialini in silicone, metafora concreta di quello che avete già capito tutti. Serve anche a te?
Tre link
Hai bisogno di una scusa per procrastinare? Prego, serviti pure.
Vuoi smettere di procrastinare e concentrarti? Brain.fm promette di aiutare. Io non ho provato, ero distratta.
Vuoi vedere dove gli altri procrastinano? Guarda le foto di queste scrivanie ordinatissime, su cui non sono disposta a credere che la gente lavori per davvero. Tutto questo minimalismo mi genera ansia, io ho bisogno delle mie 700 penne e 126 quadernetti, non scherziamo.
In ascolto
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Note
Non ho opinioni su Bressanini, sul suo lavoro, sul suo valore come divulgatore o come chimico. Mi ha solo offerto la sponda per aprire il discorso.
Nella prima ci vedo un certo fastidio per chi le emozioni le esprime, ben nascosto dietro il paravento della precisione. Nella seconda un certo ombelicalismo sulla rilevanza delle proprie emozioni che annebbia la percezione dei fatti. Ma questo è un terreno scivolosissimo, e la mia è una considerazione del tutto personale. Non ho una posizione netta, e mi sembrerebbe anche poco utile averla. Come in tanti altri casi, ho idea che la risposta sia “dipende”.
Certo che non ne va bene una, pure la metafora della bilancia, Bressanini. Che fatica.
Quante volte puoi rispondere pacatamente alla domanda “dove posso comprare il libro?” Il mio sogno era rispondere “nelle migliori macellerie”, anzi che sommessamente “in tutte le librerie”.
Splendida “puntata” della newsletter, grazie!
Mi ritrovo molto in questa tua newsletter, comunicare *bene* è difficile, un allenamento, che si fa anche prendendo le proprie scivolate e ragionandoci su, per capire come si poteva fare diversamente e, forse, meglio 🤗