L'importanza di avere libri e non leggerli
Cos'è un'antibiblioteca? È un'idea che ci spiega perché circondarci di libri che ci interessa leggere ma poi non leggiamo sembra essere un'ottima cosa.
Questa specie di fiducia in un repositorio universale del sapere, che rimane a tua disposizione, spiega perché il bibliofilo non si affanni tanto a leggere quanto ad accumulare.
Umberto Eco
Che mi prende, con questo titolo, sono forse preda di un delirio febbricitante? No, non preoccuparti, sono sana come un pesce. Parliamo in genere di parole lette e scritte, qui, questa volta battiamo un sentiero diverso: quello delle parole scritte di cui ci circondiamo, ma senza leggerle. Se chiedi a Google qualcosa di più su antilibrary o tsundoku troverai tonnellate di articoli lifestyle o ad alto tasso di aumento delle performance, pronti a semplificare l’idea. Quanto a me, come al solito, la farò lunga. Cominciamo.
Sulle parole: quelle che accumuliamo e non leggiamo
Cos’è un’antibiblioteca
Parlando di bibliofilia, Umberto Eco dice1:
Naturalmente il bibliofilo, anche e specie colui che colleziona libri contemporanei, è esposto all’insidia dell’imbecille che ti entra in casa, vede tutti quegli scaffali, e pronuncia: “Quanti libri! Li ha letti tutti?” L’esperienza quotidiana ci dice che questa domanda viene fatta anche da persone dal quoziente intellettivo più che soddisfacente. Di fronte a questo oltraggio esistono, a mia scienza, tre risposte standard. La prima blocca il visitatore e interrompe ogni rapporto, ed è: “Non ne ho letto nessuno, altrimenti perché li terrei qui?” Essa però gratifica l’importuno solleticando il suo senso di superiorità e non vedo perché si debba rendergli questo favore.
La seconda risposta piomba l’importuno in uno stato d’inferiorità, e suona: “Di più, signore, molti di più!”
La terza è una variazione della seconda e la uso quando voglio che il visitatore cada in preda a doloroso stupore. “No”, gli dico, “quelli che ho già letto li tengo all’università, questi sono quelli che debbo leggere entro la settimana prossima”. Visto che la mia biblioteca milanese conta trentamila volumi, l’infelice cerca soltanto di anticipiare il momento del commiato, adducendo improvvisi impegni.
Quello che l’infelice non sa è che la biblioteca non è solo il luogo della tua memoria, dove conservi quello che hai letto, ma il luogo della memoria universale, dove un giorno, nel momento fatale, potrai trovare quello che altri hanno letto prima di te.
Ciclicamente ricevo una newsletter o mi imbatto in un articolo in cui si parla dell’idea di antibiblioteca (o di antilibrary). In genere si fa risalire il termine a Il cigno nero di Taleb che fa a sua volta riferimento a Umberto Eco:
[Umberto Eco] Possiede un’ampia biblioteca personale (di trentamila volumi) e classifica i visitatori di tale biblioteca in due categorie: coloro che reagiscono dicendo: «Caspita, professor Eco, che biblioteca! Li ha letti tutti questi libri?», e una piccola minoranza che capisce che una biblioteca personale non è un’appendice del proprio Io, ma uno strumento di ricerca. I libri non letti sono molto più preziosi di quelli letti. Una biblioteca dovrebbe contenere tutti i libri su argomenti sconosciuti che i nostri mezzi finanziari, le rate del mutuo e le difficoltà del mercato immobiliare ci consentono di acquistare. Via via che avanziamo nell’età accumuliamo più conoscenze e più libri, e i libri non letti che ci guardano minacciosi dagli scaffali sono sempre più numerosi. Anzi, più si conosce e più si allungano gli scaffali dei libri non letti. Chiamiamo l’insieme di tali libri «antibiblioteca».
Siamo portati a trattare la conoscenza come una proprietà privata da proteggere e difendere. È un ornamento che ci permette di avanzare nell’ordine gerarchico. La tendenza, quindi, a offendere la sensibilità libraria di Eco concentrandosi su ciò che è conosciuto è una propensione umana che si estende alle nostre operazioni mentali. […] Oltre a capovolgere la logica della biblioteca, quindi, ci adopereremo per rivedere l’idea stessa di conoscenza. Si noti che il Cigno nero nasce dalla nostra incomprensione della probabilità delle sorprese, di quei libri non letti, perché prendiamo un po’ troppo sul serio ciò che conosciamo2.
Mi ero appuntata l’argomento dell’antibiblioteca per scriverne. Ho ripreso Il cigno nero, sfogliato e non letto anni fa, per chiarirmi le idee sull’origine di questo termine. Ecco come Taleb lo inserisce nel suo ragionamento.
Ci ricorda che la vera conoscenza sta nell’essere consapevoli di ciò che non sappiamo: l’antibiblioteca rappresenta fisicamente questa ignoranza, come promemoria dei nostri limiti cognitivi e della vastità della conoscenza ancora inesplorata.
Critica la tendenza a sovrastimare la propria conoscenza e comprensione del mondo. L’antibiblioteca agisce come contrappeso e ci ricorda che ciò che non sappiamo è più importante di ciò che sappiamo.
Afferma che una collezione di libri non letti simboleggia il nostro accettare l’incertezza e l’importanza di rimanere aperti a nuove informazioni e nuove prospettive.
Per Taleb l’antibiblioteca è una metafora che valorizza l’umiltà intellettuale e la continua ricerca della conoscenza, essenziale per navigare in un mondo definito da incertezza e imprevedibilità.
Ma lasciami tornare a Eco.
Credo che sia capitato a tutti coloro che hanno in casa un numero abbastanza alto di libri di vivere per anni con il rimorso di non averne letti alcuni, che per anni ci hanno fissato dagli scaffali come a ricordarci il nostro peccato di omissione. […] Però ogni tanto accade che un giorno prendiamo in mano uno di questi libri trascurati, incominciamo a leggiucchiarlo, e ci accorgiamo che sapevamo già tutto quello che diceva. Questo singolare fenomeno, di cui molti potranno testimoniare, ha solo tre spiegazioni ragionevoli. La prima è che, avendo nel corso degli anni toccato varie volte quel libro, per spostarlo, spolverarlo, anche soltanto per scostarlo onde poterne afferrare un altro, qualcosa del suo sapere si è trasmesso, attraverso i nostri polpastrelli, al nostro cervello, e noi lo abbiamo letto tattilmente, come se fosse in alfabeto Braille. Io sono seguace del CICAP e non credo ai fenomeni paranormali, ma in questo caso sì, anche perché non ritengo che il fenomeno sia paranormale: è normalissimo, certificato dall’esperienza quotidiana.
La seconda spiegazione è che non è vero che quel libro non lo abbiamo mai letto: ogni volta che lo si spostava o spolverava vi si gettava uno sguardo, si apriva qualche pagina a caso, qualcosa nella grafica, nella consistenza della carta, nei colori, parlava di un’epoca, di un ambiente. E così, poco per volta, di quel libro se ne è assorbita gran parte.
La terza spiegazione è che, mentre gli anni passavano, leggevamo altri libri in cui si parlava anche di quello, così che senza rendercene conto abbiamo appreso che cosa dicesse (sia che si trattasse di un libro celebre, di cui tutti parlavano, sia che fosse un libro banale, dalle idee così comuni che le ritrovavamo continuamente altrove).
In verità credo che siano vere tutte e tre le spiegazioni. Tutti questi elementi messi insieme “quagliano” miracolosamente e concorrono tutti insieme a renderci familiari quelle pagine che, legalmente parlando, non abbiamo mai letto.
Con l’eleganza unica che la contraddistingue, Maria Popova tesseva una rete di idee intorno a questa «inconsueta relazione con i libri e la lettura, come parabola di una relazione più fruttuosa con la conoscenza», passando da Marcelo Gleiser, Hanna Arendt e Marylinne Robinson.
Che tu voglia dirlo con Eco e Taleb, conservando una sfumatura intellettuale, o adottando la più leggera parola giapponese tsundoku, sembra dimostrato che circondarsi di libri (letti e non letti) sia uno stimolo benefico per la nostra mente. Sono sicura che molti, come me, si saranno detti: “anche io ho un’antibiblioteca!”.
Ho testato l’utilità della mia più di una volta. In questo caso, per esempio, non mi davo pace: da dove veniva la citazione dell’aneddoto su Eco e la sua biblioteca? Sembra un classico caso di telefono senza fili, di aneddoto riportato più volte fino a perdere la fonte. Proprio di Eco ho accumulato diversi libri senza averli letti tutti: aver lavorato in Bompiani per molti anni ha avuto molti vantaggi, per la mia (anti)biblioteca. Quindi ho iniziato a scorrere l’indice dei titoli più papabili e ho trovato se non la citazione esatta dell’aneddoto almeno una che gli si avvicina: l’hai letta.
Per quasi tutti i numeri di Alternate Takes succede qualcosa di simile: parto da un argomento e ho in mente dove andare a cercare informazioni. So di trovarle a colpo più o meno sicuro tra i miei libri, e buona parte delle volte non si tratta di libri che ho letto, ma – come diceva Eco – in qualche misura conosco.
Come costruisco la mia antibiblioteca
O altrimenti detto: come scopro libri che possono interessarmi3? Intanto faccio una premessa: per la narrativa sono meno metodica, e col tempo sto diventando anche meno accumulatrice. Da un po’ di anni ne leggo meno, ma meglio: se incappo in cocenti delusioni me ne allontano per un po’. Quando si tratta di saggistica, invece faccio questo.
Sbircio sempre la bibliografia dei saggi che leggo. A volte la annoto: distinguo tra libri che mi interessa avere, libri che voglio valutare, libri di cui mi basta ricordarmi dell’esistenza. Per i primi due tipi comincio da un estratto in digitale sul Kindle (sì, sono schiava del nemico).
Per certi temi tengo d’occhio le librerie dell’usato: mi basta Libraccio, non sono un’esperta cacciatrice di occasioni. Ovviamente mi diverto anche a farlo nella libreria fisica4, quando mi capita di andarci.
Do un’occhiata ai consigli di lettura che trovo nelle newsletter o nei blog che seguo. Alcune sono delle certezze.
Mi immergo nei cataloghi degli editori di fiducia per vedere se c’è qualcosa di nuovo o che mi sono persa.
Perlustro gli scaffali delle biblioteche, dove spesso trovo libri che non troverò mai più altrove. In questi casi prendo nota del titolo, non si sa mai, ma faccio anche molte foto alle pagine più interessanti. Non vale come antibiblioteca fisica, ma nella mia antibiblioteca mentale giocano un ruolo interessante.
Molta parte della mia antibiblioteca è digitale. Per far sì che abbia il ruolo più vicino possibile a quella fisica ho un foglio Excel in cui traccio tutti i libri digitali che ho, completi o solo estratti. Ogni tanto ne spulcio una decina ed elimino quelli che non meritano nemmeno uno scaffale di bit. Ciascuna versione dell’antibiblioteca ha i suoi pro e i suoi contro. L’ideale sarebbe avere sia carta sia digitale, ma ehi! Sostengo già abbastanza l’editoria mondiale mi sembra!
Che libri ci sono nelle mia antibiblioteca?
Libri su come funziona la lingua
Libri sulla lettura e sulla scrittura
Libri sulla letteratura per ragazzi
Libri di divulgazione scientifica
Libri di design (pochi: solo quelli pensati per non invecchiare)
Libri su come si progettano i libri
Libri su editoria ed editori
Libri su Virginia Woolf, Philip Dick, Raymond Carver e pochi altri autori
Libri strani (ok, di questi magari parliamo un’altra volta)
Libri su o di esploratori ed esplorazioni, specialmente dei Poli
Libri di mappe
Libri di musicologia
Libri sulle piante
E ora scusa, devo salutarti: ho degli scaffali da spulciare. Ti lascio con un’interessante esplorazione sul tema dell’antibiblioteca, sull’insospettabile sito di una banca.
Vuoi un consiglio di lettura su misura? Scrivimi!
Esercizi
Osserva la tua libreria, o scorri i titoli sul tuo eReader. Quanti ne hai letti? Tra quelli non letti ci sono dei temi costanti? Quali sembrano emergere più di altri? Cosa raccontano di te e di ciò che vuoi conoscere?
Premesso che ciascuno legge come, quando, quanto e cosa preferisce, qual è il tuo rapporto con la lettura? C’è qualcosa che ti piacerebbe cambiare o qualche novità che vorresti esplorare per stimolare la tua mente?
Cosa stai leggendo? Ti sta dando soddisfazione? Come pensi di trovare il prossimo libro da (non) leggere?
Hai provato a svolgere uno degli esercizi e vuoi parlarmene? Rispondi a questa email, sono contenta di discuterne insieme.
Un libro
How to Talk about Books You Haven’t Read è un simpatico libretto di ormai un bel po’ di anni fa (2007, infatti non è semplicissimo da trovare). Pierre Bayard, psicanalista e professore di letteratura, sostiene che si possono avere conversazioni interessanti anche su libri che non si sono letti. Descrive una varietà di “non letture”: libri che non conosciamo, libri che abbiamo solo sfogliato, libri di cui abbiamo sentito parlare e libri che abbiamo letto e dimenticato. Descrive poi alcune situazioni sociali in cui può capitarci di parlare di libri che non abbiamo mai letto e conclude con alcuni consigli.
Qualcosa di utile
Se usi Instagram potresti conoscere Giuseppe Quattrocchi come @gatsby_books. Lo seguo da anni e ho sempre trovato affascinante la sua creatività. Oggi ti consiglio un suo tutorial per realizzare un segnalibro. Ha funzionato persino con un’impedita come me, quindi devi provarci. È una soluzione perfetta per consumare quei post-it quadrati troppo piccoli che sono sicura che hai anche tu in qualche cassetto.
Tre link
Design for reading: tips for optimizing content for Reader modes and reading apps «You might be reading this very blog post in a reading app right now, or maybe even listening to it being read out loud to you. In either case, the visual style enhancements I have applied to the content don’t really matter much anymore. My CSS isn’t enhancing your experience. My content—the HTML markup—though, defines your experience and can either make it or break it.»
Building websites for Safari Reader Mode and other reading apps «If you use HTML to it’s full potential from the beginning, you’re not just making the most out of built in features you’re making it more functional for people, bots, and for any tech, not just now but in the future as well.»
Knowledge graphs as nodal networks nel white paper di Roam Research un altro (complicato) strumento di note-taking.
In ascolto
Se usi Spotify puoi salvare la playlist.
Note
Umberto Eco, La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia, Bompiani (2011)
Nassim Nicholas Taleb. Il Cigno nero: Come l'improbabile governa la nostra vita, Il Saggiatore (2014). Se non l’hai letto: Taleb parla dell'impatto e della natura di eventi rari e imprevedibili, che definisce "Cigni Neri". Questi eventi hanno tre caratteristiche distintive: sono altamente improbabili, producono un impatto significativo e, retrospettivamente, vengono razionalizzati e spiegati come se fossero prevedibili. Taleb esplora come la nostra incapacità di prevedere questi eventi rari sia radicata nelle limitazioni del nostro pensiero e nelle false sicurezze fornite dai modelli e dalle teorie convenzionali.
Certo, ci mancava solo questa: offrirti nuove opportunità per mettere mano al portafoglio e accumulare libri che non leggerai, eh?
Dato che a Firenze Libraccio è praticamente al Duomo ci vado solo se so che posso evitare la ressa del centro. Avete presente quanto è vivibile, il centro di Firenze? Così vivibile da far passare A ME la voglia di andare in libreria.
Ciao, sono capitato per caso su questa newsletter e sempre per caso ho cominciato a leggere questa puntata che mi aveva incuriosito molto già a partire dal titolo. Mi ha molto colpito quello che scrivi, credo che in un certo senso gli accumulatori seriali di carta stampata si riconoscano tra loro anche a distanza. E per questo sono sicuro che ti piacerà questo aneddoto che sta in "Come ordinare una biblioteca" di Calasso (che ti consiglio vivamente se non hai letto), che secondo me calza a pennello qui:
"Essenziale è comprare molti libri che non si leggono subito. Poi, a distanza di un anno, o di due anni, o di cinque, dieci, venti, trenta, quaranta, potrà venire il momento in cui si penserà di aver bisogno esattamente di quel libro – e magari lo si troverà in uno scaffale poco frequentato della propria biblioteca. Nel frattempo può darsi che quel libro sia diventato irreperibile, e difficile da trovare anche in antiquariato, perché di scarso valore commerciale (certi paperback sembrano sapersi dissolvere rapidamente nell’aria) o anche perché è diventato una rarità e vale molto di più. L’importante è che ora si possa leggere subito. Senza ulteriori ricerche, senza provare a trovarlo in biblioteca. Operazioni laboriose, che conculcano l’estro del momento. Strana sensazione, quando si aprirà quel libro. Da una parte il sospetto di aver anticipato, senza saperlo, la propria vita, come se un demone sapiente e malizioso avesse pensato: «Un giorno ti occuperai dei Bogomili, anche se per ora non ne sai quasi nulla». Dall’altra un senso di frustrazione, come se non fossimo capaci di riconoscere ciò che ci riguarda se non con un grande ritardo. Poi ci si accorge che quella doppia sensazione si applica anche a molti altri momenti della nostra vita. Valéry una volta ha scritto che «siamo fatti di due momenti, e come dal ritardo di una “cosa” su se stessa». Oggi l’informatica ha ridotto enormemente i tempi dell’attesa e della ricerca di un libro. È uno dei tanti esempi di illusoria onnipotenza fomentati dalle macchine. Ma questo nulla toglie all’incanto di trovarsi fra le mani – immediatamente – un libro di cui non si sapeva di aver bisogno sino a un momento prima. Il gesto decisivo rimane quello di aver acquisito qualcosa, un giorno, pensando che il suo uso era soltanto ipotetico."
Ora vado a recuperarmi le altre cose che hai scritto :)
La mia antibiblioteca si trova su Libib, che consiglio. È piena di libri dallo status "Iniziato" ed è bellissimo a volte perdersi nelle date di inizio e ricostruire il luogo, il momento della mia vita e gli interessi di quel momento.
Bellissima la riflessione sulla presa di coscienza della propria ignoranza.
Grazie mille per questo contenuto.