Leggere per raccontare la scienza: intervista a Elisabetta Tola
«Lavoro sempre di più per l’integrazione tra giornalismo e saggistica scientifica e giornalismo e saggistica investigativa.»
“Leggere” è una serie di interviste dedicate alla lettura. Parlo con persone che leggono come parte del loro lavoro per conoscere le loro abitudini e tecniche. Arriva ogni prima domenica del mese ed è un ramo di Alternate Takes, la mia newsletter.
In questo appuntamento incontriamo Elisabetta Tola: giornalista scientifica e comunicatrice appassionata, specializzata nel rendere accessibili e coinvolgenti temi scientifici complessi per un pubblico ampio. Ammiro la sua capacità di raccontare storie di scienza con rigore e creatività, esplorando l'impatto sociale e culturale della ricerca. La ringrazio per la grande generosità con cui ha risposto alle mie domande.

Ciao Elisabetta, mi racconti di te?
Ciao! Sono una giornalista scientifica, una delle voci di Radio3Scienza, il quotidiano di RAI Radio3, e la caporedattrice de Il Bo Live, il magazine digitale dell’Università di Padova. Sono anche la fondatrice, assieme a un gruppo di colleghe con cui lavoro da tanto tempo, di un nuovo centro di giornalismo scientifico indipendente che si chiama Facta.eu, che si propone di applicare il metodo scientifico al giornalismo e di contribuire allo sviluppo della cittadinanza scientifica come strategia chiave per la costruzione, la pratica e la difesa della democrazia.
Prima di dedicarmi full time al giornalismo ho fatto per molti anni la comunicatrice, e sono una delle fondatrici di formicablu, una agenzia di comunicazione della scienza che ha compiuto 20 anni in marzo. All’interno di formicablu mi sono occupata di molti progetti di ricerca, soprattutto in ambito europeo, e ho sviluppato strategie editoriali e di comunicazione per diversi progetti italiani, sperimentando spesso anche con diversi formati multimediali.
Ho scritto un libro, Semi ritrovati, per Codice nel 2020, assieme a Marco Boscolo. E insegno, soprattutto al Master in comunicazione della scienza della Sissa, dove ho contribuito a mettere a punto prima un corso sul data journalism, ormai più di una decina di anni, e dal 2019 a un corso sul rapporto tra AI e informazione.
Prima di tutto questo, facevo la microbiologa. Sono laureata in scienze agrarie a Padova e ho fatto un PhD in microbiologia a UCC, in Irlanda. Sono stata molto anche negli Stati Uniti, in anni recenti anche per un corso di giornalismo imprenditoriale, alla Craig Newmark Graduate School of Journalism di CUNY, NY. Che per inciso è un po’ il mio luogo del cuore, ma dal quale adesso devo necessariamente tenermi lontana.
Quanto è importante la lettura nelle tue giornate?
Vivo leggendo quasi incessantemente. Di tutto. La prima cosa che faccio la mattina, appena mi sveglio, è dare un’occhiata alle notizie e dunque mi faccio una mini rassegna stampa quotidiana girando tra i diversi siti che seguo. Leggo molto per lavoro, ovviamente, e poi anche per piacere: credo che i libri, in tutti i loro formati, siano in assoluto i beni più preziosi che ho, anche se sono spessissimo edizioni economiche per nulla pregiate. Ovviamente, come penso molte di noi, da qualche tempo in qua leggo anche tantissime newsletter, che sono un punto di partenza per altre letture.
Come scegli le tue letture? Quali criteri usi?
Per molto, moltissimo tempo, ho distinto nettamente le letture per lavoro, e dunque soprattutto la saggistica, da quelle che invece mi servono come nutrimento personale, in particolare la narrativa. Devo ammettere che in tempi recenti, forse anche per l’incredibile sviluppo del settore non fiction in formati sempre più ben scritti, la linea marcata tra queste due tipologie di lettura si è andata assottigliando.
Non ho criteri scientifici nella scelta dei libri. Inizio un libro e se mi piace difficilmente mi fermo finché non l’ho finito. Ma va detto che ormai da un po’ di anni ho accettato anche l’idea di lasciar perdere la lettura di un libro che non mi prende. Prima mi era impossibile, mi sembrava una sorta di tradimento. Ma ormai ne ho sempre troppi in lista d’attesa per potermi permettere di stare su un libro che non mi piace, sia per come è scritto sia per come tratta la storia di cui parla. Ci sono stati casi, molto rari, in cui sono contenta di aver persistito perché magari il libro è diventato molto più interessante andando avanti, nonostante un lag iniziale anche lungo. In generale devo dire che, se non mi affascina abbastanza rapidamente quello che sto leggendo, chiudo e mollo.
Che tipo di testi leggi più spesso?
Ultimamente direi nettamente testi di saggistica. Ho sviluppato una predilezione per i saggi storici sui fatti del ‘900, per il racconto delle vite di chi animava la scena letteraria, editoriale, artistica e scientifica. Ho una specie di ossessione per gli anni ‘20 e ‘30. Ma sono un’onnivora.
Adoro la letteratura quando non è ombelicale né troppo autoreferenziale. Diciamo che fatico un po’ negli ultimi tempi con la letteratura italiana, ma amo moltissimo esplorare libri di altra provenienza, soprattutto se posso leggerli nella lingua originale, che per me significa purtroppo solo inglese e spagnolo, perché non conosco bene altre lingue.
Leggo anche moltissimo noir, in particolare tutto il filone del noir mediterraneo, che è spesso un modo per entrare in città e circuiti sociali raccontati meglio e in modo più immediato di quanto non facciano gli studi accademici. Ho una profonda gratitudine verso Jean Claude Izzo per come mi ha portato in giro per Marsiglia, per esempio. Ma sono anche una lettrice compulsiva di fumetti, di tanti generi diversi, e da sempre. Leggo quelli che ormai chiamiamo graphic novel ma mi piacciono anche gli albi classici. Uno su tutti, Nathan Never :) Al di là delle nuvolette, però, amo comunque testi piuttosto lunghi e articolati, non sono un’appassionata lettrice di racconti e testi brevi. Diciamo che mi piace avere il tempo per entrare e rimanere nel mondo narrativo, anche se parliamo di non fiction, creato da chi scrive.
Hai un metodo di lettura specifico legato alla tua professione?
Se devo leggere un libro corposo in pochissime ore sì. Leggo accuratamente un primo terzo del libro, e poi cerco di andare più veloce nelle parti successive, con quella tipologia di lettura che definiamo trasversale, rapida. Però va detto che spesso nella saggistica, se siamo in campo che conosco bene, c’è sempre una certa ridondanza su spiegazioni, racconti, episodi su argomenti già noti, e quindi su quelli vado molto rapida. Invece cerco di prendermi il tempo per leggere con più calma capitoli centrali o finali che introducono qualcosa di davvero nuovo per me. Per aiutarmi e orientarmi, spesso leggo recensioni e interviste, come quelle lunghe e molto articolate dei magazine culturali o di giornali come il New York Times o il New Yorker. E ascolto anche le interviste, gli interventi in radio o le registrazioni di incontri pubblici fatte da autori e autrici quando presentano il proprio libro. Se fanno riferimento a qualcosa che mi pare particolarmente interessante, torno al libro e cerco quella parte per leggerla con calma.
Su che strumenti leggi in genere? Perché li preferisci?
Ormai quasi esclusivamente su Kindle, se li compro io, o comunque in formato digitale, pdf o ePub, a seconda di come mi vengono mandati dalle case editrici o dagli uffici stampa. Mi posso raramente permettere di leggere un cartaceo per diverse ragioni. La prima è che tendo a leggere moltissimo di notte, e leggo molto meglio su un dispositivo con i sistemi di luce adeguata alla lettura e agli occhi che non strabuzzando alla luce di una lampadina da comodino. La seconda è che sono molto spesso in viaggio e dunque farei una fatica immensa a portarmi dietro i vari libri che sto leggendo in contemporanea. Non ho mai un solo libro in lettura, e non c’è dubbio che portarne centinaia in un dispositivo di pochi etti sia un enorme vantaggio. Aggiungo però che quando viaggio ho sempre anche un libro cartaceo, magari piccolo e leggero, con me, perché ho il terrore che per un motivo o un altro il dispositivo si blocchi e resterei senza alcuna possibilità di leggere.
Le tue abitudini di lettura sono cambiate nel tempo? Quali sono stati i cambiamenti più significativi?
Leggo molta più saggistica negli ultimi anni, e cerco di scegliere autori e autrici che abbiano approcci più sistemici e con un taglio più politico anche alla scienza, che è, in senso molto ampio, il mio campo di interesse. Non sono una amante della divulgazione in senso stretto, e sto cercando da qualche anno a questa parte di approfondire sempre più il racconto e l’analisi dell’impresa scientifica, del modo e dei metodi che stanno dietro lo sviluppo di conoscenze, dentro il quadro di riferimento sociale, culturale, economico e politico che poi fa della scienza una grande impresa umana. Diciamo che forse è per questo che sono passata dal fare scienza a raccontarla ormai più di 25 anni fa, poco dopo aver finito il dottorato. E soprattutto ora, in un mondo che è sempre più disuguale e sempre meno libero, il mio interesse è in modo crescente sugli impatti, sul ruolo della scienza nella società, su come la scienza non sia neutra in alcun modo e possa al tempo stesso essere da un lato funzionale al consolidamento di dinamiche di disuguaglianza e al contrario come riesca, se messa davvero al servizio dell’interesse pubblico, diventare strumento di liberazione e di realizzazione democratica. In questo senso, negli ultimi anni sto andando sempre più nella direzione di lavorare per l’integrazione tra giornalismo e saggistica scientifica e giornalismo e saggistica investigativa.
Organizzi in qualche modo il tempo che dedichi alla lettura?
No, purtroppo. Sono una persona piuttosto disordinata, anche se cerco di mantenere una grande organizzazione nel mio lavoro. Leggo molto di notte, perché sono una insonne. Cerco di avere spazio di lettura nel corso della giornata, ma non mi è sempre semplice. La sera non dormo mai se prima non ho letto almeno un po’. Leggo molto nei fine settimana. E leggo quasi costantemente quando sono in viaggio o in vacanza.
Come decidi quali parti di un testo meritano una lettura approfondita e quali una lettura più veloce?
Parto da introduzione, interviste e articoli scritti dagli autori e dalle autrici. E dall’indice, che per me è una parte essenziale di un libro. Cerco soprattutto quello che non so, le parti che mi raccontano qualcosa di nuovo o qualcosa di sorprendente.
Ci sono differenze tra il tuo modo di leggere per lavoro o per piacere? Ci sono casi in cui si influenzano a vicenda?
Leggere per me è sempre un piacere, anche quando è per lavoro, per cui la differenza è davvero minima. Certo, mi è capitato di dover digerire un saggio, che magari non avrei scelto, solo per motivi professionali. Ma devo dire che in questo sono molto fortunata, tendo a proporre e a selezionare sempre testi che ho voglia di leggere. E generalmente se leggo qualcosa è perché ho voglia di leggerlo.
Come ti comporti quando devi affrontare una grande quantità di materiale da leggere?
Ne leggo alcune parti, a volte anche saltando qui e là. E negli ultimi due anni utilizzo molto anche diverse AI per provare a individuare in un testo i punti che possono servirmi di più. Non lo farei mai in una lettura per piacere, ma se devo leggere molto materiale e ho pochissimo tempo, devo dire che gli strumenti AI sono un grandissimo aiuto, per fare una sorta di mappatura del materiale e poi andare in affondo nelle parti che più sono centrali al lavoro che devo fare. Costruire una mappa di un libro e di altre letture è un modo utile per capire come organizzare la lettura.
Prendi appunti mentre leggi? Usi strategie o tecniche per organizzare, memorizzare e ritrovare le informazioni importanti?
Ho sempre usato moltissimo le matite, anche di diversi colori, per sottolineare, mettere punti esclamativi, prendere piccolissime note a margine sulle pagine. In tutti i libri cartacei che ho letto per studio e lavoro ci sono tante tracce. A volte uso anche i piccoli adesivi colorati. Ma nessun libro è indenne. Nei libri digitali pure uso molto l’evidenziazione, che trovo comodissima per recuperare le frasi e andare alle pagine interessanti. La narrativa no, quella non la tocco. Devo dire che quando leggevo le pagine cartacee la mia memoria mi aiutava molto nel ritrovare e localizzare i punti desiderati. In digitale non hai mai in mano il libro intero e dunque la memoria che agiva sul cartaceo non funziona più, però ci sono le frasi evidenziate e l’elenco delle note che aiutano a seguire la lettura.
Raccontami di due libri: quello che hai sul comodino e quello che consigli a tutti di leggere.
Un libro imprescindibile, tra i tanti che vorrei citare, è Lezioni americane di Italo Calvino, un libro che si può leggere e rileggere tante e tante volte. In particolare, io amo la lezione sulla Leggerezza. Ogni volta che la leggo trovo un elemento nuovo, mi fa pensare al modo in cui lavoro, al modo in cui scrivo e leggo, a come penso. Davvero bellissima. Ma è meravigliosa anche quella sulla Molteplicità. Insomma, non me ne vorrà Calvino, ma per me è un libro che è un po’ come la borsa di Eta Beta, piccolo ma ne esce ogni volta qualcosa di nuovo.
Sul comodino in questo momento c’è una pila pericolante, anche perché mi piace avere libri dappertutto anche solo come elementi di compagnia. Chissà, magari un giorno impariamo a trasferirli dentro di noi solo avvicinandoli alla testa. Per ora, tra quelli che stanno lì, sempre vicino a me, forse citerei The great derangement (in italiano tradotto come La grande cecità) di Amitav Ghosh, un autore di cui ho letto molti libri e che amo tantissimo. Mi aiuta a confrontarmi costantemente con la prospettiva troppo occidentale nella quale sono cresciuta e che do per scontata pur avendo preso consapevolezza da tempo di come la scienza e la storia e la cultura in generale attraversino percorsi molto più articolati e complessi di quelli che impariamo a scuola. È anche uno dei primi libri a porre un’attenzione urgente alla necessità di riflettere e di agire sulla crisi climatica con tutti gli strumenti culturali che abbiamo a disposizione, e quindi non solo con la conoscenza scientifica ma anche con la letteratura, la narrazione, la riflessione sociale. È un vero appello, in un certo senso, a riconoscere come la crisi climatica sia il tema del nostro tempo anche se continua a far fatica a emergere nel discorso pubblico. Ecco, direi che è un libro centrale, ed è bellissimo da leggere perché Ghosh ha una scrittura cristallina. Assieme a questo libro, ora ci sono gli altri due usciti dopo, che completano una sorta di ciclo saggistico post coloniale. L’ultimo, Fumo e cenere, è scritto come una grande saga, altro genere che amo, ma ci porta in un pezzo di storia che raramente incontriamo, quella di come gli inglesi prima, e gli americani dopo, abbiano finanziato una parte importante del proprio sviluppo industriale grazie ai proventi del mercato dell’oppio, da loro organizzato e controllato in modo ferreo in India e in Cina. Un libro eccezionale.
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D'accordissimo sulla "scrittura cristallina" di Amitav Ghosh. Sottolineerei al proposito che anche questo libro, come molti suoi precedenti, è stato tradotto in italiano da Anna Nadotti e Norman Gobetti, che danno alla sua scrittura tutta la giustizia che merita :)