Dire due volte la stessa cosa
Riconoscere i contesti in cui le ripetizioni possono essere utili al discorso, alla comprensione e alla scrittura.
Prima di aprire le danze ti ricordo un paio di date che potresti trovare interessanti.
Il 13 ottobre sarò a Venezia al Summit di Architecta, la Società Italiana di Architettura dell’Informazione, per parlare di quanto vale per il design investire nelle parole.
Il 28 ottobre terrò per minimum lab un corso online su come Creare e gestire una newsletter. Mi dicono che i posti iniziano a scarseggiare: facci un pensierino se hai un progetto o un’idea a cui potrebbe servire una buona struttura.
Sulle parole: ripetizioni e ridondanze
Evita le ripetizioni, quando scrivi.
Se fosse così semplice potrei aver concluso questo numero e darti appuntamento tra due settimane. Invece ecco un consiglio: diffida dai dogmi, quando si tratta di scrittura.
Si possono usare ripetizioni, quando si scrive? Dipende dal contesto, da chi leggerà e perché, dal mezzo e dalla forma in cui scrivi, dal tuo scopo. Capire quando sono utili, quando possono essere un elemento di stile o quando vanno eliminate significa padroneggiare la scrittura.
Chiariamoci le idee e poi proviamo ad allenarci.
Ci sono ripetizioni e ripetizioni
Ripetere la stessa parola a breve distanza non è una buona pratica, ci è stato insegnato. Il suggerimento non è sbagliato: la ripetizione può mostrare che padroneggiamo poco la lingua e rendere la lettura pesante. Per esempio:
Ieri ho mangiato un panino. Il panino mi è piaciuto molto: dentro il panino ho messo prosciutto e formaggio. Mi è piaciuto molto di più del panino con paté di olive e melanzane grigliate che ho mangiato oggi.
Leggo ad alta voce; riscrivo usando meglio punteggiatura e pronomi.
Ieri ho mangiato un panino con prosciutto e formaggio: mi è piaciuto molto. Era più buono di quello di oggi, con paté di olive e melanzane.
Ma non scriverei:
Ieri ho mangiato un panino. Il sandwich mi è piaciuto molto: tra le fette di pane tagliate orizzontalmente ho messo prosciutto e formaggio. Mi è piaciuto molto di più della piccola forma di pane tondo di cui mi sono nutrita oggi, con paté di olive e melanzane.
Le parole di questo paragrafo sono semplici: più le parole sono semplici più i sinonimi possono essere insidiosi. Nella prima riscrittura non ne ho usati, infatti. “Panino”, “mangiato”, “buono”, “piaciuto”: non ho cercato variazioni per queste parole. Il perché è evidente nell’effetto della seconda riscrittura.
E poi ho visto l’episodio di Friends, The One with the Thesaurus.
Se abbiamo per le mani un testo più complesso, però, potremmo dover saper distinguere quali ripetizioni siano da eliminare e quali invece siano utili.
Molti esperti di stile mettono in guardia verso l’ossessione di usare un nome diverso per cose che in un testo menzioniamo più di una volta. Henry Fowler […] stigmatizza con sarcasmo questa pratica chiamandola “variazione elegante”. Theodore Bernstein chiama “monologofobia” la paura di usare due volte la stessa parola, e “sinonimomania” «l’ossessione di chiamare una vanga prima “attrezzo da giardino” e poi “strumento per rivoltare le zolle”.»
Nei giornali spesso si dice ai giornalisti di seguire la regola opposta: “non usare la stessa parola due volte in una pagina”, rischiando così di scivolare nel giornalistese, infarcendo la loro scrittura di parole che usano i giornalisti e nessun altro […]
Traduco con molta libertà – chiedo scusa a traduttori e traduttrici in sala – quanto dice Steven Pinker in The Sense of Style. Pinker si chiede, poco più avanti: quale indicazione seguire allora: “evita le variazioni eleganti” oppure “non usare la stessa parola due volte in una pagina”? Gli viene in aiuto la psicolinguistica.
Le parole non dovrebbero essere variate per capriccio perché, in generale, le persone assumono che se si usano due parole diverse ci si riferisca a cose diverse.
Non si dovrebbero mai usare parole diverse quando si paragonano o mettono a confronto due cose. Ma si dovrebbero variare quando ci si riferisce alla stessa cosa più volte in rapida successione, e la ripetizione suonerebbe monotona, o in certi casi fuorviante.
Ancora, alcune forme di ripetizione sono figure retoriche. La retorica è un’arma potente per il discorso, scritto e orale: del resto ha radici antiche. Se non ti è familiare recupera il lavoro di Flavia Trupia: ha parlato al DiParola Festival per mostrare come anche la retorica, di cui in genere abbiamo un’idea negativa, possa mettersi al servizio del parlare chiaro.
Se cambiamo contesto di scrittura e pensiamo all’interfaccia di un servizio digitale, la ripetizione assume un ruolo cruciale per la comprensione e l’orientamento delle persone nell’ambiente in cui navigano.
Guardiamo per esempio cosa succede nella pagina INPS che raccoglie i sostegni economici a disposizione dei genitori o di chi sta per esserlo. Occupiamoci del testo che presenta la raccolta: ci si arriva con un clic su “Sostegni, Sussidi e Indennità” nel menu di navigazione principale in homepage e cliccando poi su “Per genitori”.
Home / Sostegni, Sussidi e Indennità / Per genitori
Per genitori
L’elenco dei servizi per richiedere sussidi per genitori
Seleziona il servizio in base alle tipologie di sussidio: contributo (rimborso spese asilo nido, frequenza centri estivi), assegni (maternità, premio alla nascita), bonus (cicogna, baby-sitting, bebè, asilo nido) o indennità di maternità/paternità.
Abbiamo:
“sostegni”, “sussidi”, “indennità” (le parole del menu da cui siamo arrivati)
poi si parla di “servizi”;
poi leggiamo che i “sussidi”* sono di diversi tipi: 1. contributi; 2. assegni; 3. bonus e… per come è costruita la frase anche quelle ultime indennità sarebbero sussidi, me lo dicono i due punti che introducono l’elenco. Però le indennità, nel menu, erano sullo stesso piano dei sussidi. Ci sarà una differenza?
Più di altre mi salta agli occhi, rispetto al tema delle ripetizioni, un’ambiguità. La maternità è un sussidio di tipo assegno oppure un’indennità, visto che compare in due casi? O ci sono due tipi di servizi? Cosa dovrò fare? Potrò sbagliare?
In genere questo tipo di ambiguità nel dare i nomi alle cose derivano dall’architettura dell’informazione, che potrebbe aver tenuto presente la prospettiva dell’ente e meno quella delle persone. Per l’INPS può essere scontato che “assegno di maternità” e “indennità di maternità” siano cose diverse, ma per le persone potrebbe non esserlo.
Non farò la consulente freelance che sarebbe stata più brava lei a sistemare il sito dell’INPS. Mi tengo in esercizio, però, e provo a pensare: avrei potuto organizzare questa lista in base ai termini che usano le persone quando cercano questi servizi, anzi che in base ai termini tecnici (e quindi alla logica, al modello mentale) dell’ente? Che scelte avrei fatto? Come posso verificare che la mia ipotesi funzioni sia per le persone sia per le esigenze dell’ente? (Qualcuno ha detto “test”?)
Ridondanze
Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
Umberto Eco**
Sovrabbondante, eccessivamente ricco; pleonastico, ripetitivo; e poi, in linguistica, più nello specifico: «mancanza di contenuto informativo specifico in uno o più elementi di un testo orale o scritto, per cui quegli elementi risultano superflui (o ridondanti).» E ancora, nella critica letteraria, «presenza, in un testo, di elementi stilisticamente ricercati che risultano esclusivamente formali ed esornativi»: insomma, il ridondante, quando si tratta di scrittura, è quasi sempre qualcosa di cui si può fare a meno.
È un tipo di ripetizione che richiede una sensibilità ben sviluppata per essere riconosciuta ed evitata. Spesso infatti ci suona bene, e accorgersene è sottile. Qualche esempio:
Entrambe le due
Pugno chiuso
Completamente pieno
Esattamente lo stesso
Fondamenti di base
Salire su
Può essere più facile notarle in cose scritte da altri, o almeno: io trovo più difficile accorgermene su me stessa. Potrebbero essermene sfuggite diverse, in questo testo, perché non ho avuto il tempo di farlo decantare abbastanza da notarle, come in genere cerco di fare.
Anche qui, per spiegare meglio l’effetto, mi faccio aiutare dall’episodio di Friends in cui Joey prepara il discorso per il matrimonio di Monica e Chandler.***
Il ritmo della sintassi
La ripetizione ha un ruolo anche nella struttura del discorso. Quando la ripetizione di una certa sintassi crea simmetrie, per esempio, può facilitare la comprensione di un discorso complesso, contribuire a renderlo più chiaro (credo di essere appena stata ridondante). I parallelismi strutturali ci aiutano: nella ripetizione di un modello facciamo meno fatica a decifrare costruzioni complesse, a prestare più attenzione al contenuto che alla scrittura.
Il contesto ha sempre un ruolo chiave. Torniamo all’esempio dell’INPS e proviamo a immaginare di scrivere la descrizione di ogni servizio cercando di mantenere il più possibile una simmetria di contenuti e di struttura sintattica. Potrebbe semplificare il lavoro di chi scrive e risparmiare fatica a chi legge.
Hai un progetto in cui lavorare sulla scrittura potrebbe essere utile? Scrivimi, possiamo parlarne.
Esercizi
Trova una poesia che ti piace. Ci sono delle ripetizioni? Di che tipo? Perché ti sembra che il poeta o la poeta le abbia usate? Cosa voleva comunicare?
Riascolta il discorso di un bravo oratore o di una brava oratrice. Che uso fa delle ripetizioni? Prova a esercitarti nel riconoscere le figure retoriche legate alla ripetizione. Livello pro: scegli un discorso politico.
Se hai uno dei volumi di Harry Potter, rileggi un capitolo e concentrati sulla gestione dei dialoghi. Osserva le ripetizioni di verbi e di nomi. Come le valuti? Non aver fretta nel farlo: considera il contesto.
Hai provato a svolgere uno degli esercizi e vuoi parlarmene? Rispondi a questa email, sono contenta di discuterne insieme.
Un libro
Il Dizionario delle collocazioni è uno strumento che considero prezioso per affinare la sensibilità sulle ridondanze.
Le collocazioni sono espressioni formate da due o più parole che per uso e consuetudine lessicale formano una unità fraseologica non fissa ma riconoscibile […] Il Dizionario delle Collocazioni considera le parole non in base al loro significato ma per la loro capacità associativa e si concentra esclusivamente sulle combinazioni dei termini. […] Una ridotta abilità nell’uso delle collocazioni produce un linguaggio povero, incompleto e poco articolato, che, a sua volta, comprometterà la comunicazione al pari di un’espressione che presenti carenze sintattiche e grammaticali.
Ti consiglio di non saltare la Presentazione per imparare a usarlo bene.
Qualcosa di utile
Highlighted è un’app che ti permette di salvare citazioni dai tuoi libri di carta fotografando la pagina e trasformando il testo in digitale, classificarle con dei tag e condividerle. Non è perfetta: puoi esportare le citazioni solo per singolo libro e in pochi formati; non comunica con altri servizi, per ora; il testo catturato è spesso da correggere. Ma è molto immediata nell’uso, e al momento gratuita. Una rarità.
Tre link
Is it burnout or boreout? | «Burnout is when you are overstimulated, and boreout is when you are understimulated. Both leave you exhausted, feeling empty, and unable to cope with the demands of work and life. So, how can you restore your energy and your enthusiasm?»
Content-First Prototyping | «Content is the core commodity of the digital economy. It is the gold we fashion into luxury experience, the diamond we encase in loyalty programs and upsells. Yet, as designers, we often plug it in after the fact. We prototype our interaction and visual design to exhaustion, but accept that the “real words” can just be dropped in later. There is a better way.»
Why note-taking apps don't make us smarter | «They're designed for storage, not sparking insights. Can AI change that?» by
In ascolto
Se usi Spotify puoi salvare la playlist.
Note
* Sussidio, leggo su Treccani, significa «Aiuto finanziario dato, soprattutto dallo stato o da enti pubblici, a persone, comunità, istituzioni varie». Non c’è che dire: è un termine precisissimo in questo caso, oserei dire un termine tecnico. Proprio per questo ci lascia nell’indecisione: lo conservo, perché è un termine molto preciso, con una sua utilità, oppure lo semplifico, dicendo per esempio “aiuto economico”? Non rispondere in modo affrettato, perché in questa decisione ci sono molti pro e contro, se si guarda a un quadro generale vasto come l’INPS.
** Questo è uno dei 38 consigli per scrivere bene che ho in un libruzzo che sembra introvabile, oggi: Sator arepo eccetera, pubblicato nel 2006 da Nottetempo. I consigli di scrittura di Eco li trovate ovunque in rete, ma diventano 40. Non mi sono presa la briga di controllare quali siano i due in più: può darsi che nella raccolta Bompiani o Nave di Teseo di Bustine di Minerva (in cui credo compaiano) siano appunto 40.
*** Non ripasso retorica dai primi anni dell’università, ma grazie a Perlaretorica mi rinfresco la memoria e scopro che «la perfetta simmetria fra due o più membri di un costrutto o di una proposizione o di un periodo per il numero di parole, per la struttura sintattica e dunque per il ritmo» ha un nome: isocòlo. La usa Joey, nel suo discorso per il matrimonio, ma – grottescamente – la usava anche Forza Italia durante la campagna per le elezioni politiche del 1994. Seguite il link per leggere gli esempi.
Bellissimo! Mi ha chiarito moltissimo le idee e spero di portarmi dietro il più possibile. Poi le citazioni di Friends sono perle.
Che bello leggere un’ottima e precisa apologia delle ripetizioni 🙂