Scrivere di cibo. Intervista a Mariachiara Montera
«Questo per me è il vero luna park dedicato alla scrittura: cercare e studiare, per amore del prodotto, e cercare e definire, per chiarezza dei clienti.»
“Scrivere di” è una serie di interviste a professionisti e professioniste che lavorano con la scrittura: arriva ogni prima domenica del mese ed è un ramo di Altenate Takes, la mia newsletter.
In questo appuntamento incontriamo
Montera: ci siamo incrociate negli anni di lavoro in Rizzoli, grazie al catalogo dedicato alla cucina. Del suo lavoro mi colpisce la varietà di forme che assume e il modo in cui Mariachiara rimane sempre riconoscibile in tutti i suoi progetti. «Io mi vedo in una sola corrente, che è quella legata a ciò che il cibo muove, e non vedo più le diverse diramazioni», mi ha spiegato. Per tutto il resto ti lascio alla sua intervista.Ciao Mariachiara, mi parli di te?
Ciao, sono Mariachiara Montera: racconto il mondo e le storie attraverso il cibo, con un approccio interdisciplinare. Sono content strategist e content creator, copywriter, talent, podcast host, formatrice. “Se si parla così tanto di cibo è anche colpa mia”, confesso. Sono host di Lingua e Guscio per Storytel, podcast dove attraverso il cibo parlo di relazioni e psicoterapia, e di
, la newsletter & podcast per chi vuole scoprire tutti i modi in cui, col cibo, si può raccontare una storia. Ho poi creato Banchetto, insieme a , un cookbook club. Scrivo anche di altro: di lavoro e di vergogna, come nel saggio Non dipende da te per Einaudi. Su Instagram mi faccio chiamare Maricler, e qui pratico la schiettezza e la riflessività che mi contraddistinguono. Ho un cuor contento e un gatto di nome Yuzu.Mi racconti del tuo lavoro e del ruolo che ha la scrittura nelle tue giornate?
Il mio lavoro, in generale, è una matrioska, e qui ti racconto solo quello che ruota attorno alla scrittura, sennò facciamo notte. Scrivo per clienti e ambiti abbastanza diversi: in questo momento, ad esempio, le mie attività sono le seguenti.
Sto scrivendo un podcast sull’olio come autrice / ghost writer
Lavoro ai testi del piano editoriale di un ristorante di cucina giapponese
Scrivo i copy per il mio canale Instagram per le collaborazioni con le aziende, e per i miei contenuti organici
Mi sto dedicando a script e copy per dei video che andranno sulla pagina Instagram di una cantina.
Sono in partenza per il Mozambico, dove sto andando a seguire il lavoro di una ONG in ambito agricolo.
Ho appena chiuso tre interventi pubblici a tema gastronomico, per due eventi qui a Torino.
Lo definisco una matrioska perché durante la giornata si mescolano competenze legate alla scrittura (SEO, scrittura persuasiva, narrazione, microcopy), al prodotto e al target (il mio, o quello delle aziende che sono miei clienti). Mi metto un cappello o un altro senza ormai farci più caso: ragiono solo in base agli obiettivi, e vado spedita.
Come gestisci la ricerca prima della scrittura? Quanta parte del tuo lavoro occupa?
Come tante persone che lavorano in ambito culturale (o almeno: una parte del mio lavoro lo prevede), la ricerca è la parte che entusiasma di più. Prendiamo ad esempio la scrittura dei testi per un sito di un panettiere, uno dei lavori del 2023 più gioiosi. Uno, perché è a tutti gli effetti il mio panettiere, e lavorare per raccontare un prodotto che amo e che consumo con gioia è una bella responsabilità. Ti devi chiedere: cosa so io che non sanno gli altri e che gli serve sapere? Cosa non so io che posso imparare perché sia interessante per le persone? Questo per me è il vero luna park dedicato alla scrittura: cercare e studiare, per amore del prodotto, e cercare e definire, per chiarezza dei clienti.
Come selezioni fonti e informazioni e come le organizzi per scrivere?
Ecco: il mio punto debole è l’organizzazione delle fonti, e mi spiego. Negli anni ho selezionato newsletter gastronomiche e siti dove mi tengo informata, insieme a saggi e romanzi che leggo per approfondire i diversi aspetti legati al cibo: gusto, utilizzo, politica, economica, storie. Per i libri, uso una app che si chiama Highlighted dove seleziono brani che mi interessano e li etichetto. Per le mail, salvo in una cartella che si chiama Foodwriting / ispirazioni. Utilizzo l’incubo dei professional organizer con molta disinvoltura: il famigerato blocco note. Insomma, sto ancora cercando la mia strada per ottimizzare tutto quello che leggo e apprendo: sono anche molto lenta nell’apprendere strumenti nuovi. In un mondo di cotture sottovuoto, io vado avanti col forno a gas ❤️
Come trovi la concentrazione? Se ti blocchi cosa fai per ritrovarla?
Onestamente? In alcuni casi mi viene facile, come quando leggo per preparare degli interventi o faccio ricerca: lì entro in un flow pericoloso, perché non mi staccherei mai. Sono insaziabile, da quel punto di vista: con gli anni ho imparato a dosare questa concentrazione pensando al fatturato (perdonami il brusco cambio di strada, ma credo si debba parlare di più dei soldi!). Ossia: leggere e studiare sono mirati a un lavoro che genera soldi in maniera diretta? O anche se non producono fatturato, sono orientati a creare un progetto che potrà farlo su altri canali? Calibro quindi il tempo che dedico a questa parte qui anche in base a queste considerazioni, perché in fondo se viviamo nell’epoca del proletariato intellettuale è perché certi ragionamenti non vengono portati alla luce. Poi c’è l’altro caso: quello in cui proprio non riesco a concentrarmi. Lì faccio due cose: o cammino, per rifocalizzarmi. O mi impegno perché penso che avrò più tempo per vivere fuori dal lavoro, e per fortuna è una vita che mi piace tantissimo.
Quali sono le sfide che affronti nell’uso del linguaggio e come le risolvi?
Ti direi che in questo momento sono legate a due sfide: la ricerca di uno stile narrativo che rispecchi le storie che voglio raccontare, e il bisogno di tenere insieme la complessità del sistema cibo rendendolo comprensibile e non banale. Significa continuare ad avere idee vivaci e una visione dall’alto, tenendo però insieme il desiderio di essere capiti e di generare curiosità. Le risolvo riscrivendo molto, e facendo molta ricerca nei diversi ambiti del cibo e della scrittura.
Ci sono strumenti o gesti a cui non potresti rinunciare nelle diverse fasi del tuo lavoro di scrittura?
La Treccani, il Visual Thesaurus, il dizionario delle collocazioni, diversi libri di Corraini Edizioni per ritrovare la creatività e, quando scrivo i podcast, la musica di Fabrizio Paterlini.
Come affronti la revisione del tuo lavoro?
Con parecchia concentrazione, e pazienza: si tratta di entrare in un testo che il tuo cervello registra ormai in automatico. Lo rivedo, e riscrivo per aiutare chi legge a non fare sforzi: è una lettura lenta e ampia, perché qualsiasi testo vive all’interno di un mondo di cui chi legge dovrebbe poter immaginare i confini, la consistenza, il gusto. Ci torno sempre dopo un po’ di tempo e mai subito, sempre compatibilmente con gli altri lavori e con le scadenze.
Che ruolo ha la parola “responsabilità” nella tua scrittura? C’è qualche altra parola che per te è importante, quando scrivi?
Quando si parla di cibo, si parla di nutrizione, di consumi, di legami: per me scrivere significa restituire al cibo una dignità e una complessità che questa epoca di contenuti rapidi e virali sembra venire meno. La sento come responsabilità perché negli anni abbiamo assegnato al cibo una patina sempre più superficiale, fatta di sprechi, novità, tendenze. Ma i consumi determinano il pianeta in cui viviamo, l’accesso al cibo dice molto del posto dove siamo nati, e la consapevolezza e la conoscenza sono il primo passo per valorizzare culture diverse. Insomma: per me è necessario ritornare a un discorso sistemico sul cibo, e se posso farlo attraverso la scrittura, i reading, i contenuti Instagram sono solo felice, perché avrò un pubblico eterogeneo e non sempre informato.
Raccontami di due libri: quello che hai sul comodino e quello che consigli a tutti di leggere.
Sto finalmente per terminare Mangiare fino all’estinzione di Dan Saladino, pubblicato da Einaudi: è stata una lettura lentissima, ma molto goduta. Il saggio, che parla del patrimonio gastronomico a rischio oggi, è un viaggio divulgativo strepitoso per chi è curiosa come me, ed è anche un bello schiaffo di consapevolezza sui danni che stiamo facendo alle colture e al pianeta.
Il libro che consiglio è L’equazione del gusto di Nik Sharma, un biochimico che è un grande cuoco: il suo approccio alle ricette è quello di chi conosce le reazioni degli ingredienti e delle cotture, e quindi questo libro, che non contiene solo ricette, ha una parte di metodo che decifra il modo di costruire un gusto pieno, vivido e consapevole.
standing ovation per Mariachiara!
Quanti spunti interessanti!