Lingue inventate
C’è qualcosa di profondamente poetico nel dedicare anni della propria vita a creare una lingua che forse nessuno parlerà mai. Cosa ci spinge a farlo, quando ne abbiamo già migliaia a disposizione?
In primavera fioriscono i trapani: anche dalle vostre parti è tutto un fermento di lavori edili? Facciamo un grande respiro. In primavera, spesso, fioriscono anche le slide: mi stanno antipatiche quasi quanto i trapani. Le accetto, però, perché mi piace insegnare e confrontarmi con chi viene ad ascoltare.
Il 29 aprile sarò alla SISSA di Trieste per parlare di editoria digitale agli studenti del master in comunicazione della scienza: mi ospita Luigi Civalleri nel suo corso sull’editoria. Abbiamo scelto di parlare del ruolo dell’editore e di come osservare i segnali di cambiamento per rimanere rilevanti.
Il programma degli Accessibility Days 2025 non è ancora stato pubblicato, ma io ti posso dire che il 15 maggio, insieme a
, terremo un workshop. Tieni il dito pronto sul mouse, se vuoi iscriverti: quest’anno ci si trova a Milano.
Fino alla fine di aprile puoi ancora scegliere di sostenere economicamente questa newsletter a un prezzo scontato. Grazie di cuore alle persone che lo hanno già fatto.

Sulle parole: quelle inventate
C’è qualcosa di profondamente poetico nel dedicare anni della propria vita a creare una lingua che probabilmente nessuno parlerà mai. L’elfico di Tolkien, il Klingon di Star Trek, l’alto valyriano di Game of Thrones, sono sistemi linguistici che suonano autentici anche se non sono emersi non da secoli di evoluzione culturale, ma da menti creative in momenti storici precisi.
Le lingue inventate, o conlang (constructed languages1), sono ponti tra l’immaginazione e la struttura formale: non sono semplici codici o cifrari, ma veri e propri sistemi di significazione, capaci di plasmare visioni del mondo alternative.
Le lingue inventate si ritrovano non solo nella cultura popolare, ma nell’accademia, nel dibattito filosofico, in politica. Perché questo fascino? Cosa ci spinge a creare nuovi modi di parlare quando ne abbiamo già migliaia a disposizione? Cosa rivela questa pulsione creativa sulla natura stessa del linguaggio e dell’esperienza umana?
Perché creiamo nuove lingue
La creazione di lingue artificiali non è un fenomeno recente né limitato alla cultura occidentale2. Dal punto di vista antropologico, la costruzione di lingue sembra rispondere a un impulso profondamente radicato: quello di dare ordine al caos attraverso sistemi simbolici organizzati. Del resto, la capacità di pensare al linguaggio stesso come oggetto è una delle caratteristiche distintive dell’esperienza umana. Le motivazioni specifiche dietro la creazione di nuove lingue sono molteplici e spesso si sovrappongono.
Alcune nascono da una necessità espressiva che le lingue naturali non sembrano soddisfare. L’Esperanto, sul finire dell’Ottocento, rispondeva al desiderio di superare le barriere linguistiche in un’Europa divisa. Il Toki Pona, con soli 123 vocaboli fondamentali, nasceva invece dalla ricerca di un linguaggio che esprimesse concetti essenziali attraverso combinazioni creative di termini basilari, una sorta di minimalismo linguistico che riflette le filosofie orientali.
Altre lingue sono generate dal bisogno di rendere più autentici i mondi narrativi. Quando Tolkien creò il Quenya e il Sindarin, non stava semplicemente aggiungendo un dettaglio esotico ai suoi romanzi: da filologo e linguista, comprendeva come una lingua autentica potesse generare un’intera mitologia e cultura.
Esiste poi un impulso scientifico-sperimentale alla base di lingue come il Lojban, che cerca di eliminare l’ambiguità sintattica attraverso la logica dei predicati, o come il Láadan, creato dalla linguista Suzette Haden Elgin per esprimere prospettive ed esperienze femminili che le lingue naturali esistenti – che lei considerava patriarcali nella loro struttura – non riuscivano a esprimere in modo adeguato3.
C’è poi da considerare la dimensione giocosa e comunitaria: molte lingue artificiali nascono semplicemente per il piacere della creazione, per il gusto della bellezza fonetica o per il desiderio di condividere un codice segreto con un gruppo ristretto. I linguaggi segreti dei bambini rappresentano probabilmente le prime esperienze di creazione linguistica per molti di noi.
Lingua e potere
Alcune lingue sono concepite come strumenti di controllo e manipolazione: mi rifugio nella letteratura, perché esplorare la contemporaneità richiederebbe un’altra newsletter e troppa amarezza. L’esempio più celebre è il Newspeak, la lingua del regime totalitario immaginato da George Orwell in Millenovecentottantaquattro.
Il Newspeak non è solo un gergo politico, ma una lingua progettata scientificamente per limitare il pensiero: eliminando in modo sistematico parole e significati, il regime riduce la capacità dei cittadini di concepire idee dissidenti.
Non capisci che lo scopo del Newspeak è quello di restringere l’ambito del pensiero? Alla fine renderemo il reato di pensiero letteralmente impossibile, perché non ci saranno parole per esprimerlo.
Orwell evidenzia la reciprocità del rapporto tra lingua e pensiero, non solo in Millenovecentottantaquattro:
La lingua inglese diventa brutta e imprecisa perché i nostri pensieri sono sciocchi, ma la sciatteria della nostra lingua ci rende più facile nutrire pensieri sciocchi. Il fatto è che il processo è reversibile.
George Orwell, Letteratura palestra di libertà
Non dobbiamo fare grandi sforzi per pensare a esempi contemporanei di manipolazione linguistica, dal linguaggio ambiguo delle pubblicità al gergo tecnocratico che maschera decisioni politiche controverse dietro un’apparente neutralità tecnica.
Lingua e pensiero
Le lingue inventate ci offrono un laboratorio per esplorare una delle questioni più dibattute in filosofia del linguaggio: il rapporto tra lingua e pensiero. L’ipotesi Sapir-Whorf sostiene, nella sua versione rigorosa, che la lingua che parliamo determini il modo in cui pensiamo (determinismo linguistico); nella sua versione più morbida suggerisce che la lingua influenzi il nostro modo di pensare senza determinarlo completamente (relativismo linguistico)4. Le lingue inventate permettono di testare questa ipotesi in modi che le lingue naturali non consentono. Per esempio, il Láadan include parole specifiche per esperienze femminili che sarebbero inesprimibili nelle lingue naturali. L’esperimento solleva la questione: la mancanza di parole per certe esperienze nelle lingue naturali riflette e perpetua un certo tipo di cecità culturale?5
Alcune lingue inventate, come l’Ithkuil di John Quijada, spingono ai limiti estremi la complessità e la precisione semantica. L’Ithkuil può esprimere con una singola parola concetti che in italiano o inglese richiederebbero intere frasi, grazie a un sistema di morfemi che codificano numerosi parametri semantici simultaneamente.
Esperimenti come questi ci invitano a riflettere: cosa significherebbe pensare in una lingua completamente diversa dalle nostre? Come cambierebbe la nostra percezione della realtà? Quanto delle nostre strutture cognitive è innato e quanto è modellato dalla lingua che parliamo?
La dimensione sociale delle lingue inventate
In più casi le lingue inventate hanno dimostrato il loro potere di creare comunità e senso di appartenenza, dagli esperantisti ai parlanti di Klingon. Internet ha amplificato enormemente la possibilità di formare comunità attorno alle lingue inventate.
Forum, gruppi social, wiki e corsi online permettono ai conlanger (creatori di lingue) di condividere le loro creazioni e ai neofiti di impararle. Siti come Conlang.org o il subreddit r/conlangs ospitano migliaia di utenti che discutono di fonetica, grammatica, etimologia e altri aspetti tecnici della creazione linguistica. Lo sviluppo collaborativo di lingue inventate è un fenomeno vitale e fervente.
Lingue inventate e accessibilità
Alcune lingue inventate nascono per rispondere a concrete esigenze di comunicazione per persone con disabilità o neurodivergenze.
Il Linguaggio Bliss (Blissymbolics), creato da Charles K. Bliss negli anni Quaranta e poi adattato per scopi terapeutici, rappresenta uno dei primi tentativi sistematici di creare un linguaggio visivo accessibile a persone con disabilità comunicative: il suo sistema di simboli logici permette a individui con paralisi cerebrale o altre condizioni che limitano la comunicazione verbale di esprimersi attraverso combinazioni di simboli visivi.

In modo analogo, il Makaton è un linguaggio che combina segni, simboli e parole per aiutare persone con difficoltà di apprendimento o comunicazione. Non è una lingua completa come le lingue dei segni naturali, ma un sistema di supporto linguistico progettato specificamente per l'accessibilità.
Esistono anche alcuni sistemi linguistici visivi per persone con disturbi dello spettro autistico, che possono trovare più intuitiva la comunicazione attraverso immagini strutturate in modo logico, anzi che attraverso le parole.
Lingue inventate con intelligenza artificiale
Il sogno di una lingua perfetta in cui si possano definire tutti i significati dei termini di un linguaggio naturale, e permetta interazioni dialogiche “sensate” tra uomo e macchina, o alle macchine di elaborare inferenze proprie dei linguaggi naturali, ritorna nelle ricerche contemporanee di Intelligenza Artificiale. Per esempio, si cerca di fornire alla macchina regole di inferenza in base alle quali essa possa “giudicare” della coerenza di una storia, o sia in grado di concludere, dal fatto che un tale è ammalato, che pertanto ha bisogno di cure, e così via.
Umberto Eco La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea (1996)
Per ora sembrano non esserci esempi di lingue interamente generate con intelligenza artificiale (ma se hai informazioni diverse fammi sapere: a volte non ci sto dietro).
Attualmente, l’AI dimostra capacità interessanti nella generazione di vocabolario e sistemi fonologici. Progetti come AI Dungeon la utilizzano per assistere nella creazione di nomi e suoni linguistici. Alcune ricerche esplorano l’uso di reti neurali per modellare e generare sistemi fonologici artificiali basati su dati linguistici reali, o generare testo con struttura grammaticale appresa da dati esistenti. Il potenziale, ovviamente, è molto alto.
Le lingue naturali non sono ottimizzate per l'efficienza comunicativa, ma per esprimere l’esperienza umana in tutte le sue contraddizioni. È proprio questa imperfezione che l’intelligenza artificiale, per ora, fatica a replicare in modo autentico.
Tra libertà e controllo
Le lingue inventate incarnano una tensione fondamentale: quella tra libertà creativa e controllo. Da un lato rappresentano un atto di libertà assoluta: la possibilità di forgiare ex novo un sistema di significati, trascendendo i limiti delle lingue naturali. Dall’altro sono esercizi di controllo meticoloso, in cui ogni aspetto – dai suoni alle strutture grammaticali ai significati – è soggetto a scelte deliberate del creatore. Questa tensione riflette la duplice natura del linguaggio stesso: strumento di liberazione e di costrizione, mezzo di espressione individuale e di conformità sociale.
La ricchezza e la diversità delle lingue inventate testimoniano la creatività umana e il nostro desiderio di esplorare modi alternativi di descrivere e interpretare la realtà. Che si tratti di creare mondi immaginari, di facilitare la comunicazione internazionale, di sperimentare con concetti filosofici o di esprimere identità culturali, le lingue inventate ci offrono uno specchio in cui osservare la nostra relazione con il linguaggio e con il mondo. Studiando le lingue inventate possiamo capire meglio non solo come funzionano le lingue esistenti, ma anche come funziona la mente umana che le crea e le utilizza.
In un’epoca di omogeneizzazione culturale e linguistica, dove migliaia di lingue minori sono a rischio di estinzione, le lingue inventate ci ricordano il valore della diversità linguistica e la possibilità di immaginare modi di espressione radicalmente diversi. Allo stesso tempo, ci invitano a una riflessione critica sul rapporto tra lingua, potere e identità. Nella speranza che le parole, reali o inventate, siano sempre strumenti di liberazione e non di oppressione, di connessione e non di divisione, di comprensione e non di confusione.
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Esercizi
Esiste nella tua lingua o in un’altra un concetto che trovi impossibile da tradurre? Prova a inventare una parola in grado di esprimerlo: definiscila e crea degli esempi d’uso.
Domani ti sveglierai e scoprirai che una regola fondamentale del linguaggio è cambiata. Per esempio: non esistono più i verbi al passato; gli aggettivi possono essere usati solo in coppie; non si può più usare il punto interrogativo. Che impatto avrebbero cambiamenti del genere sulla società e sulle possibilità di descrivere la realtà?
Leggi come un alieno, o come un pesce: scegli un testo ed evidenzia le parole che risulterebbero incomprensibili o fraintendibili da quel punto di vista. Rifletti sul legame tra linguaggio ed esperienze culturali e biologiche.
Prova a usare in modo appropriato il maschile, il femminile o un linguaggio che non riveli il genere. Ti sembra che si aprano nuove possibilità? No, dai, questo è troppo fantascientifico: lascialo perdere.
Un libro
Più che un libro oggi ci vorrebbe una bibliografia, ma mi costringerò a scegliere. Non faccio fatica a consigliarti Fiori per Algernon di Daniel Keyes. Potrei dirti di leggerlo per un esempio di legame tra linguaggio, pensiero e capacità cognitive, ma ti direi fesserie: leggilo perché è bellissimo.
Bonus: Aga magéra difúra, dizionario delle lingue immaginarie.
Qualcosa di utile
Si avvicinano, speriamo, quei 3 giorni l’anno in cui è possibile godersi una giornata all’aperto senza finire bolliti dai 40° all’ombra. Qui dalle parti di Firenze, appena il vento si posa e la temperatura raggiunge stabilmente i 20°, arriva l’équipe “mai una gioia”: nuvole di zanzare con i denti a sciabola, in grado di pungerti sul ginocchio anche se hai i jeans.
Se come me conservi un ingiustificato ottimismo, puoi provare a difenderti con delle vezzose candele di citronella. Io, per star tranquilla, faccio anche il bagno nell’Autan, con cui tengo lontani anche molti umani. Va bene ottimista, ma non esageriamo.
Tre link
The cognitive cost of convenience: di fronte alla riduzione delle nostre capacità cognitive causata da semplificazione eccessiva e automazione, affrontare e accogliere le difficoltà potrebbe rappresentare una via per riacquistarle.
Why extracting data from PDFs is still a nightmare for data experts: non è solo una bega tecnica. L’incapacità di estrarre dati in modo affidabile dai PDF ostacola vari settori, tra cui la digitalizzazione della ricerca scientifica, la conservazione di documenti storici e l’analisi dei dati.
AI’s Biggest Flaw? The Blinking Cursor Problem: e se il cursore lampeggiante che invita a scrivere fosse un’interazione inefficace per comprendere le funzionalità e le capacità disponibili con l’intelligenza artificiale?
In ascolto
Se usi Spotify puoi salvare la playlist.
Se non hai voglia di musica, questa è una storia che va conosciuta:
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Note
La disambiguazione di Wikipedia ti dà il senso della vastità della materia: «This article is about the creation of planned or artificial human languages. For information about the linguistic field of language planning and policy, see language planning. For languages that naturally emerge in computer simulations or controlled psychological experiments with humans, see artificial language. For languages with a high morpheme-per-word ratio, see synthetic language.»
Umberto Eco, in La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, percorre una strada vicina all’argomento di oggi: può essere una lettura che ti interessa recuperare.
Su questo merita recuperare lo splendido saggio di Caterina Marrone, La lingua delle donne, in: Le lingue utopiche, Stampa Alternativa (2004), pp. 255-259, per fortuna recuperato e ripubblicato da Scritture & Zabar (di cui faremmo bene a saccheggiare il catalogo, ehm).
«Oggi i ricercatori sono in disaccordo, spesso fortemente, riguardo al grado di influenza del linguaggio sul pensiero, tuttavia questa discordia ha stimolato un crescente interesse nel campo e un gran numero di ricerche innovative.» Wikipedia
Se ti è venuta la curiosità: 24 Words From Laádan, a Language Invented to Express a Woman’s Point of View
Ho amato ogni paragrafo di questa newsletter: meravigliosa. Da nerd delle parole, è un viaggio fantasmagorico! E poi non conoscevo un sacco di cose: grazie per averle condivise. Ah, io condivido qui il link a un podcast che amo, "Saussure e grida", di Irene Lami: anche lei ha parlato di lingue artificiali: https://open.spotify.com/episode/0sMIZ3yX7f7l2rQJnov5z1?si=e7e5f9f68a0e4c6a
Ho scoperto Fiori per Algernon grazie al romanzo Smarrimento di Richard Powers. Un bellissimo consiglio di lettura